
Le alopecie androgenetiche coinvolgono il cuoio capelluto nel 30% degli individui di sesso maschile già a partire dai trent’anni di età. La loro incidenza tende a incrementarsi, raggiungendo una percentuale pari addirittura all’80% nei settantenni.
Tuttavia, come spiegato anticipatamente l’alopecia androgenetica può colpire anche le donne, con una percentuale variabile tra il 3% e il 12% persino nelle pazienti sotto i quarant’anni. Tende poi ad aumentare nella fase post-menopausale, colpendo il 29% dei soggetti, e attestandosi sul 50% delle donne sopra i settant’anni di età.
Ricordiamo che l’alopecia androgenetica può manifestarsi in due modalità differenti:
- Alopecia androgenetica veloce: tende a svilupparsi già a partire dalla tarda pubertà, risultando marcatamente avanzata già attorno ai vent’anni di età. Interessa tipicamente la popolazione maschile.
- Alopecia androgenetica lenta: raggiunge il suo picco attorno ai 30 anni per poi progredire in modo regolare fino ai 40 o 50 anni del soggetto. Successivamente, il processo di perdita dei capelli tende a rallentare ma non ad arrestarsi.
La patogenesi delle alopecie androgenetiche indica senz’altro una predisposizione genetica, tanto da registrare una concordanza fino al 90% nei casi di gemelli omozigoti. D’altro canto, è altrettanto noto il ruolo giocato in questa condizione dagli ormoni androgeni, che interessano il processo di crescita del capello agendo a livello delle cellule di derivazione mesenchimale della papilla dermica.
Va specificato che gli androgeni coinvolti in questo processo sono derivati specialmente dal testosterone che, convertito nell’ormone denominato DHT, produce un’alterazione del meccanismo di crescita del capello. Non è un caso che nei casi di alopecia androgenetica femminile si ponga l’accento proprio sul ruolo giocato dagli estrogeni nella comparsa della condizione, dal momento che la menopausa altera significativamente la funzione protettiva di questi ormoni sulla crescita del capello.
Questa è la ragione per cui la donna che presenta alopecia androgenetica dovrebbe essere sottoposta a opportune indagini diagnostiche mirate a escludere o ad accertare la presenza di particolari condizioni, come la Sindrome dell’ovaio policistico, l’iperplasia surrenale, il diabete, l’ipertensione, tumori ovarici o surrenalici e l’iperprolattinemia.
Altre cause o concause che possono portare alla comparsa di quella che è considerata la più diffusa forma di calvizie includono l’assunzione di particolari medicinali come i chemioterapici e gli antidepressivi, ma anche le particelle beta contro l’insufficienza cardiaca; un’alimentazione scorretta per esempio causata da diete fortemente ipocaloriche, carenze vitaminiche, denutrizione e anemie; il consumo di tabacco e continui fattori stressogeni come l’ansia e la mancanza di sonno.
In termini pratici, alla comparsa dell’alopecia androgenetica il capello tende a indebolirsi e miniaturizzarsi e il suo ciclo vitale diminuisce in modo progressivo con il trascorrere del tempo.
Quando le alopecie androgenetiche colpiscono gli uomini, la sintomatologia si presenta generalmente visibile al vertice del capo o nelle regioni temporali. Al contrario, nella donna la perdita dei capelli prende di solito il via nell’area mediana.
Per entrambe le tipologie dei pazienti si procederà a una diagnosi clinica con tecniche quali il Pull Test e l’esame dermatoscopico, alle quali potrà essere eventualmente sommata una biopsia.
I possibili approcci terapeutici per le alopecie androgenetiche
Essenzialmente, gli approcci terapeutici per il trattamento delle alopecie androgenetiche mirano a rallentare o ad arrestare la caduta dei capelli e alla conservazione dei capelli ancora presenti sul cuoio capelluto. In alcuni casi potrebbe tuttavia essere possibile un parziale recupero.
Il gold standard nel trattamento dell’alopecia androgenetica è ancora considerato l’abbinamento delle molecole Finasteride e Minoxidil: la prima viene utilizzata nella terapia dell’ipertrofia prostatica per la sua capacità di agire inibendo la 5a-reduttasi; mentre la seconda ha obiettivi vasodilatatori nell’ipertensione arteriosa. Il Finasteride viene assunto dal paziente per via orale, il Minoxidil è invece erogato come trattamento topico e applicato sul cuoio capelluto tramite lozioni appositamente formulate.
È bene precisare che, quando adeguatamente prescritte, queste due molecole sono considerate sicure per l’utilizzo e che presentano scarsissimi e facilmente gestibili effetti collaterali. In alcune casistiche specifiche, il professionista medico potrà valutare l’impiego di altre molecole in funzione della particolare condizione fisica del paziente.
Si potrà anche considerare, laddove possibile, il micro-trapianto di capelli. La micro-chirurgia ha subito negli anni importanti evoluzioni e, sebbene non possa risolvere alla radice la problematica delle alopecie androgenetiche, potrebbe rivelarsi una buona soluzione almeno per un periodo di tempo. Si tratterà, più specificamente, di autotrapianti di capelli da ripetere periodicamente.
Esistono anche approcci differenti, che comportano ad esempio la terapia laser finalizzata al miglioramento della microcircolazione sanguigna a livello del cuoio capelluto, possibilmente in sinergia con i più moderni protocolli di Medicina Rigenerativa.